Barbara e Federico
Udine contenuti
‘POSITIVI’ al Covid19

Come tutti, stavamo
vivendo il più possibile il ‘IoRestoaCasa’ cogliendo ogni piccola occasione di
poter fare la nostra parte anche con chi intorno a noi poteva aver bisogno.
Erano un po’
di giorni che Federico, non stava tanto bene; personalmente credevo fosse un
po’ di stanchezza, vista la tensione sul lavoro e le quotidiane notizie che
arrivavano dalla televisione. Poi la possibilità di fare per lui il tampone. Il
giorno dopo la notizia: aveva preso il Coronavirus. Immediatamente la realtà che
vedevamo nei media è entrata in casa e la presa di coscienza che tutto stava
andando in modo inaspettato rispetto ai nostri piani. Mi sono ritrovata nella
vergogna della mia personale ‘presunzione’ dell’aver fatto la mia parte, sentendomi
immediatamente più vicina a chi stava soffrendo e più umile nel non giudicare
nessuno.
Mi tornava però
la domanda: ‘ma perché?’, ‘’come mai?’ quasi alla ricerca di un colpevole, di
una causa ed effetto che potesse dare un senso. Al posto di questi
interrogativi ho sentito che dovevo mettermi difronte a Dio con l’ANIMA NUDA
offrendo le mie miserie senza pudore: Lui poteva ascoltare e prendere su di sé tutte
le mie sicurezze, presunzioni, ragionamenti, giudizi, fragilità, sensi di
colpa… ma soprattutto le mie ‘PAURE’. Non riuscendo a dormire mi immergevo in
una nuova PREGHIERA, viva, confidente. Il Papa ogni giorno sembrava fosse
accanto a me a suggerire le parole: pregare Dio con fede, perseveranza,
coraggio…. E così ho fatto… coraggio nel rivolgermi a Lui con una supplica vera,
specifica verso chi mi stava accanto; perseveranza perché il percorso della
malattia era sconosciuto ed imprevedibile. E fede perché forse per la prima
volta capivo che veramente eravamo solo nelle mani di Dio.
Contemporaneamente
hanno fatto fare il tampone anche a me. Il giorno dopo mi hanno chiamata dal
Servizio Sanitario per dirmi: ‘Lei è positiva’. Questa parola mi ha
immobilizzata e fatta fermare in questa corsa di eventi. ‘POSITIVA’. Che parola
incredibile in questa situazione, come avesse due sfaccettature: il virus e
l’anima! E mi sono detta… Dio mi chiede di essere ‘positiva’ nell’anima e continuare
a sperare.
Dopo pochi
giorni la conferma che anche i nostri figli e mia mamma avevano contratto il
virus. Di nuovo la ‘paura’, paura di perdere uno di loro, in particolare mia
mamma anche vista l’età. Poi un pensiero: sono figli di Dio!!! Non devo
preoccuparmi, l’importante è che Lui li sta guardando. Dovevo riuscire a
‘stare’ in questo vortice. Questa è una parola che mi continuava a risuonare: ‘STARE’,
senza volere scappare anche solo con l’anima o lasciarmi invadere dalla
stanchezza e dalla preoccupazione. E dovevo farlo anche per Federico che per
qualche giorno era stato ricoverato in ospedale, per chi era a casa con me e
per tutte le persone che stavano pregando per noi. Proprio il giorno dopo il
Papa ha parlato dell’ ‘accidia’. E in me come un monito: che questa malattia
non ti faccia chiudere in te stessa, nel pessimismo, ma guarda intorno a te, buttati
fuori, pensa a cosa puoi fare tu, partendo dalle piccole cose e cercando di
farle con amore. E in quei giorni il pensiero di Maria, ‘dimentica di sé’ mi ha
dato lo slancio per andare al di là del desiderio che qualcuno mi aiutasse. Con
rinnovato slancio ho cercato di superare la stanchezza, preparando una spremuta
d’arancia per tutti e lavando ancora i piatti, ma per amore.
E così nel
presente trovavo lo sprone di fare una telefonata chiamando io per prima quella
persona che aspettava notizie o mettendo un bigliettino con una piccola frase
nella colazione preparate per mia mamma. Poi abbiamo pensato che pur
nell’isolamento e nell’impossibilità di ricevere e dare aiuto a chi
conoscevamo, potevamo far arrivare a chi più soffriva almeno un’offerta in
denaro.
Sentivo anche
che dovevo rispondere ai messaggi ed alle telefonate dandomi alcuni orari per
riuscire a riposare ed anche per stare con i nostri figli perché pur tutti in casa
si correva il rischio di non ‘vedersi’.
Inoltre nei momenti
di più scoraggiamento arrivava un messaggio di una persona che stava pregando
per noi o la telefonata di un nostro caro amico che stava andando a fare la
spesa e mi chiedeva se ci serviva qualcosa o della mia vicina di casa che mi
diceva di uscire sul terrazzo perché ci aveva lasciato un manicaretto.
Poi dopo un
po’ più di un mese finalmente la notizia: eravamo tutti ‘negativi’! Abbiamo
festeggiato la ‘festa della liberazione dal virus’ con un senso di ‘libertà’
che non avevamo mai percepito, pur continuando a stare a casa! E dentro il
proposito di continuare ad essere ‘positivi’ nell’anima e vivere la confidenza
e la fiducia in Dio con lo stesso abbandono.
Barbara e
Federico
